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Il movimento “pro-democrazia” di Hong Kong si allea con l’estrema destra USA che cerca di schiacciare il Black Lives Matter. Tutte le incongruenze del movimento anti-cinese.

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Abbiamo trattato con diversi articoli e condivisioni video le proteste e i disordini che si susseguono ad Hong Kong da oltre un anno, condotte dai cosiddetti manifestanti “pro-democrazia”.
La questione di Hong Kong è molto più complessa di quello che l’informazione nostrana ci propone, ridotta ad una lotta di attivisti democratici contro le ingerenze della Cina comunista all’interno dell’ex-colonia britannica.
Nella realtà dei fatti, Hong Kong rappresenta per l’occidente un’ottima occasione di destabilizzazione nei confronti della Cina, ormai leader mondiale nella maggior parte dei settori economici e internazionali, controparte della nuova guerra fredda intrapresa dagli USA.
Come dimostrano video e comunicati, i leader che guidano le attuali proteste seguono un sentimento filo-coloniale, occidentale e liberista, piuttosto che uno sinceramente democratico, che si traduce in una condotta estremamente violenta nei confronti della popolazione di Hong Kong, ormai satura per la situazione di stallo e terrore che permane da oltre un anno; chiunque sia in disaccordo con i manifestanti “pro-democrazia”, viene sistematicamente linciato in maniera brutale. Scene purtroppo mai trasmesse da nessun media occidentale.

Ricordando che: Hong Kong è territorio cinese dal 1997, la polizia finora ha gestito in maniera cauta e assennata la situazione (non si conta nessun morto per mano della polizia), nessun militare dell’Esercito Popolare Cinese è intervenuto per sedare le rivolte, nessun coprifuoco è stato imposto; gli argomenti accennati richiedono un approfondimento per essere correttamente compresi, che affronteremo con un altro articolo sulla storia travagliata di Hong Kong.

A confermare le righe in apertura, arriva questo dettagliato articolo di The Grayzone, che introduce molti spunti interessanti sull’ambiguità tenuta dal movimento pro-democrazia di Hong Kong nei confronti delle rivolte in USA, sui leader, i finanziatori e sugli alleati esterni; personaggi di certo non democratici e che seguono l’interesse geopolitico occidentale, in particolare americano.

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Manifestanti chiedono al Presidente Trump di “liberare” Hong Kong.

Un riassunto dei punti trattati:
Jimmy Lai (magnate plurimiliardario nel settore dei media e definito “il Rupert Murdoch asiatico”) è considerato uno dei leader delle proteste e a cui i media occidentali riservano enorme spazio e visibilità (le notizie che arrivano sui nostri telegiornali sui fatti di HK, sono spessissimo tratti dall’Apple Daily, un suo tabloid). In questi giorni ha condiviso un video dello youtuber Avi Yemini, un ex soldato israeliano di estrema destra, che si è scagliato contro i manifestanti antirazzisti americani definendoli “estremisti antifascisti che stanno distruggendo tutto ciò che è americano, tutto ciò che gli hongkongesi cercano di ottenere”. Yemini è legato a gruppi neonazisti come i Soldati di Odino e ad agitatori fascisti come Milo Yiannopoulis.
Jimmy Lai l’ha ringraziato per aver parlato di Hong Kong.
Inoltre, sostiene da sempre che solo l’intervento militare del Presidente Trump può salvare Hong Kong, ribadito anche dopo la minaccia di sparare sui manifestanti di quest’ultimo.

– alcuni leader “pro-democrazia”, come il volto da copertina Joshua Wong, interpellati direttamente sulle proteste del movimento Black Lives Matter americano, hanno risposto con post di solidarietà sui social, parlando di opposizione contro “qualunque repressione statale e della polizia”.
Vicinanza che rivela doppiezza e ipocrisia dato che, come lo stesso Wong, i leader hanno trascorso anni a coltivare stretti rapporti con uomini del governo degli Stati Uniti e con alcune delle figure peggiori di Washington. Tra i loro migliori alleati ci sono i senatori repubblicani d’estrema destra Ted Cruz, Josh Hawley, Marco Rubio, Rick Scott e Tom Cotton, che hanno recentemente chiesto una repressione militare sulle proteste di Black Lives Matter.
Non è un caso che le dichiarazioni di Wong e dei suoi compagni non menzionino i loro sponsor di estrema destra a Washington.
Comunque, pochi giorni prima della sua dichiarazione di solidarietà con Black Lives Matter, Wong ha inviato gli auguri di compleanno al senatore Rubio.

– I manifestanti di HK sostengono che c’è il governo venezuelano dietro i disordini in America e hanno fatto appelli fascistoidi all’esercito USA per imporre la legge marziale.

– attualmente, chiunque critichi la condotta del governo americano e del Presidente Trump o esprima pensieri di solidarietà al movimento Black Lives Matter, viene tacciato per “agente del Partito Comunista Cinese” (su questa base, vengono da oltre un anno giustificati i linciaggi alla popolazione di HK).

– il movimento di protesta di Hong Kong ha dimostrato connotati razzisti già da diverso tempo, oltre che nei confronti dei cinesi continentali, verso le persone di colore.
Sono emersi esempi su Twitter, con sostenitori che affermano ci sia il Partito comunista cinese dietro Black Lives Matter, paragonando i manifestanti neri ai gorilla e affermando che la “vera America” è composta da neri saccheggiatori e bianchi che puliscono dopo di loro.
In un’occasione, centinaia di manifestanti hanno offeso il campione dell’NBA LeBron James con pesanti cori razzisti, reo di non aver pronunciato parole di sostegno a loro favore. La Associated Press, che stava seguendo gli eventi, disse che le parole dei manifestanti “non erano stampabili” per i contenuti.

– Jayne Jeje, una donna afroamericana che vive a Hong Kong da 8 anni, ha tentato di organizzare una manifestazione di solidarietà per George Floyd e il movimento BLM (Black Lives Matter). I manifestanti “pro-democratici” hanno bombardato la donna con messaggi contenenti minacce, bullismo, volgarità e l’accusa di “lavorare con la polizia” e di “essere sostenuta dal Partito Comunista Cinese“. Questo, ha portato alla cancellazione dell’evento per paura di attacchi da parte dei manifestanti “pro-democrazia”.

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Joey Gibson del gruppo d’estrema destra Patriot Prayer durante una manifestazione ad Hong Kong.

– Hong Kong è divenuta meta di pellegrinaggio per i militanti di estrema destra sostenuti dagli Stati Uniti e dall’Europa, tra questi numerosi nazionalisti bianchi americani e neonazisti ucraini che in precedenza avevano combattuto nel gruppo paramilitare fascista del Battaglione Azov. Interesse e intento reciproco per i manifestanti “pro-democrazia”, che vedono un esempio di successo nell’Euromaidan, le rivolte ucraine sostenute dall’occidente che hanno dato potere alle forze fasciste di estrema destra, attualmente al potere. I manifestanti di Hong Kong hanno abbracciato lo slogan “Gloria a Hong Kong“, adattato da “Slava Ukrayini” (Gloria all’Ucraina) utilizzato dai collaborazionisti nazisti ucraini durante la Seconda guerra mondiale.
Joshua Wong ha dichiarato: “Indipendentemente dalle differenze tra Ucraina e Hong Kong, le nostre lotte per la libertà e la democrazia sono le stesse. Dobbiamo imparare dagli ucraini e mostrare solidarietà. L’Ucraina ha affrontato la forza della Russia, noi siamo di fronte alla forza di Pechino “.
(Per comprendere la gravità della vicinanza a tale movimento, consigliamo questo link).

A seguire, la traduzione dell’articolo completo.

Marcello Colasanti

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Joshua Wong, uno dei leader “pro-democrazia” di Hong Kong, insieme ai senatori repubblicani dell’ala di estrema destra americana.

Mentre un leader delle proteste di Hong Kong promuove le condanne dell’estrema destra alle manifestazioni antirazziste statunitensi e gli attivisti chiudono una manifestazione di Black Lives Matter in città, gli organizzatori di Hong Kong hanno stretto legami con i repubblicani di Washington.

di Ajit Singh

Una figura di spicco della “democrazia” di Hong Kong, Jimmy Lai, ha attaccato a livello nazionale le proteste negli Stati Uniti contro la brutalità della polizia e il razzismo, scatenati dall’uccisione della polizia di un uomo afroamericano, George Floyd.
Le opinioni di Lai riflettono un segmento significativo del movimento di protesta della città, che afferma il mito degli Stati Uniti come faro di “libertà e democrazia”.

Gli attivisti per la “democrazia” di Hong Kong sono arrivati al punto di far deragliare gli sforzi di una donna afroamericana che ha tentato di organizzare una manifestazione di Black Latter Matter in città, accusandola di essere un agente della polizia e del Partito Comunista Cinese .

Nel frattempo, alcuni leader dell’opposizione anti-Pechino di Hong Kong, come Joshua Wong, hanno affermato di sostenere le proteste statunitensi e il movimento Black Lives Matter. Tuttavia, queste espressioni di “solidarietà” suonano vuote dato che, come Lai, questi leader della “democrazia” hanno stretto un’alleanza con lo stato americano e politici di estrema destra che hanno demonizzato e cercato di reprimere brutalmente i manifestanti americani.
In effetti, Wong e i suoi compagni hanno accuratamente evitato di fare critiche specifiche al presidente Trump o ai loro altri sponsor a Washington.

I commenti di Lai e la doppiezza dell’opposizione “pro-democrazia” di Hong Kong, ancora una volta evidenziano le scomode verità di questo movimento che molti in Occidente insistono a considerare progressivo.
Sebbene alcuni abbiano tentato di equiparare il movimento “democratico” di Hong Kong a Black Lives Matter, in realtà si trovano su estremità opposte dello spettro politico.

Il leader “pro-democrazia” di Hong Kong attacca le proteste di George Floyd.

Come ha riferito Dan Cohen per The Grayzone, Jimmy Lai è un magnate dei media miliardario, ampiamente definito come “il Rupert Murdoch dell’Asia“.
E’ un importante finanziatore e sostenitore mediatico del movimento di protesta di Hong Kong. Oltre ad aver versato milioni di dollari nell’opposizione di Hong Kong negli ultimi anni, il cosiddetto “capo dei media dell’opposizione” e fondatore del tabloid antigovernativo Apple Daily, ha fornito ai manifestanti una “copertura incrollabilmente favorevole” secondo The New York Volte. Lai ha ricevuto una brillante copertura nei media statunitensi e occidentali, con l’oligarca spesso elogiato come un “istigatore con una coscienza pulita” che sta “resistendo alla Cina“.

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Jimmy Lai

Il 2 giugno, Lai ha condiviso un video di Avi Yemini, un personaggio di YouTube di estrema destra ed ex soldato dell’esercito israeliano, dichiarando che era “sanguinosamente vergognoso” paragonare i “disordini in America” con il movimento di protesta di Hong Kong.

Nel video, Yemini ha elencato i punti di discussione della destra, riferendosi ai manifestanti antirazzisti come “estremisti antifascisti” che “stanno distruggendo tutto ciò che è americano, in effetti, tutto ciò per cui gli hongkonghesi combattono“.
Lai ha espresso la sua gratitudine a Yemini, scrivendo “grazie per aver parlato con noi #HKers”.

Secondo l’Australian Jewish Jewish Democratic Society, Yemini ha stretto ampi legami con i neonazisti come i Soldati di Odino e gli agitatori fascisti come Milo Yiannopoulis.

Qualche giorno prima Lai, nonostante avesse incontrato ripetutamente la sfrontatezza dell’amministrazione Trump, sosteneva alla CNN che “solo Trump può salvare Hong Kong”. Lai ha ribadito la sua richiesta di sostegno al presidente Trump poche ore dopo che lo stesso ha minacciato di far sparare i manifestanti dai militari statunitensi.

Il sentimento non è sorprendente considerando che gran parte del movimento di protesta di Hong Kong ha idolatrato gli Stati Uniti, sostenendo il governo e il presidente Trump come i loro “liberatori“. Per anni, i leader dell’opposizione di Hong Kong si sono incontrati e hanno discusso strategie con i funzionari e i politici del governo degli Stati Uniti, più frequentemente quelli di estrema destra.

In effetti, le opinioni di Lai sulle proteste di George Floyd sembrano riflettere quelle di un segmento significativo del movimento “pro-democrazia” di Hong Kong, con sgomento di coloro che sostengono che il movimento sia “progressista“.

Il Lausan Collective, una pubblicazione in inglese che si autodefinisce di “sinistra decoloniale” fondata da convinti sostenitori delle proteste di Hong Kong, si è lamentata del fatto che “alcuni Hongkongers hanno rifiutato di stare con Black Lives Matter” esortando i loro compagni a sostenere le proteste che si svolgono negli USA.

Wilfred Chan, uno scrittore con sede a New York per The Nation e membro fondatore di Lausan, ha espresso frustrazione per la prevalenza di tali opinioni. In un tweet del 2 giugno, Chan ha scritto che “ogni hongkonghese su LIHKG (una piattaforma online popolare tra i movimenti di protesta di Hong Kong che è stato definito il “Reddit di Hong Kong”) è improvvisamente un esperto del sistema penale americano e crede che l’unica ragione per cui qualcuno potrebbe essere critico nei confronti di Trump è perché sia un agente del Partito Comunista Cinese”.

Ne sono emersi esempi su Twitter, con sostenitori delle proteste di Hong Kong che affermano che il Partito Comunista Cinese sia dietro Black Lives Matter, paragonando i manifestanti neri con i gorilla e affermando che la “vera America” è composta da neri saccheggiatori e bianchi che puliscono dopo di loro.

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Il senatore repubblicano Ted Cruz.

Tendenze razziste e nativiste sono state presenti durante le proteste di Hong Kong. Anche se principalmente diretto verso la Cina continentale, il razzismo anti-nero è già scoppiato durante le proteste. Dopo il rifiuto della superstar della NBA LeBron James di dichiarare il proprio sostegno al movimento, intense ripercussioni hanno attraversato la città con i manifestanti che hanno calpestato e bruciano le maglie dell’icona del basket. In un incontro, centinaia di manifestanti arrabbiati hanno cantato insulti razziasti diretti a James, con l’Associated Press che riportava che il canto “non era stampabile“.

Attivisti “pro-democrazia” di Hong Kong bloccano manifestazione Black Lives Matter

Gli attivisti per la “democrazia” di Hong Kong sono arrivati al punto di far deragliare gli sforzi per l’organizzazione di una manifestazione della Black Lives Matter in città a seguito dell’uccisione di George Floyd.
In una lettera condivisa con l’Hong Kong Free Press, l’organizzatrice dell’evento Jayne Jeje, una donna afroamericana che vive a Hong Kong da 8 anni, ha descritto le molestie ricevute che hanno portato alla cancellazione dell’evento.

Secondo Jeje, attivisti “pro-democrazia” l’hanno accusata di “lavorare con la polizia per incarcerare le persone” e di “essere sostenuta dal Partito Comunista Cinese”.
Sulla pagina dell’evento sui social per la manifestazione, Jeje ha scritto di essere stata bombardata da attacchi e commenti ostili costituiti da falsità, bullismo, accuse e volgarità.

Jeje ha scritto che è stata accusata di “privilegiare gli espatriati, perché l’evento riguardava solo il Black Lives Matter”. Più preoccupati di associarsi all’evento per far avanzare la propria agenda, che di dimostrare solidarietà, gli attivisti per la “democrazia” di Hong Kong hanno detto a Jeje che “non aveva il diritto di commentare il BLM” a meno che non avesse reso le proteste di Hong Kong un focus dell’evento. In quest’ottica, i manifestanti di Hong Kong hanno recentemente adottato gli slogan “Non riesco a respirare” e “Black Lives Matter” per le loro stesse dimostrazioni.

Alla fine, a causa di queste molestie e del timore che gli attivisti della “democrazia” sabotassero l’evento, Jeje e gli altri organizzatori hanno scelto di annullare la manifestazione Black Lives Matter.
“Abbiamo preso la dolorosa decisione di annullare l’evento, sulla base di messaggi rabbiosi di cooperazione con la polizia, o che non stavamo includendo i loro problemi o rispondendo alle loro richieste”, ha scritto Jeje.
“Temevamo che sarebbero venuti per rovinare intenzionalmente l’evento.”

L’opposizione di Hong Kong si è allineata con gli stessi politici statunitensi di estrema destra che reprimono Black Lives Matter.

Ci sono alcuni all’interno del movimento “pro-democrazia” di Hong Kong che hanno rilasciato dichiarazioni che esprimono sostegno per le proteste che si svolgono negli Stati Uniti e nel movimento Black Lives Matter, sostenendo che entrambi i movimenti sono impegnati in una lotta condivisa contro l’oppressione e la brutalità della polizia.

Joshua Wong, il volto da copertina delle proteste di Hong Kong, e Nathan Law insieme ad altri importanti membri del suo partito politico, Demosistō; hanno dichiarato di stare con Black Lives Matter.
“Molti di voi mi hanno chiesto delle proteste in corso negli Stati Uniti”, ha scritto Wong in un tweet del 2 giugno. “Come attivista per i diritti umani, sono fermamente dalla parte del movimento #BlackLivesMatter e mi oppongo alla brutalità della polizia, ovunque essa sia.”

Anche se non aveva mai menzionato Black Lives Matter prima di questo tweet, Wong ha ora affermato che sia lui che i manifestanti di Hong Kong sono stati a lungo solidali con il movimento. “Di volta in volta, vediamo come le persone che combattono l’oppressione a Hong Kong continuano a stare con le persone che combattono l’oppressione negli Stati Uniti. #BlackLivesMatter “, Wong ha scritto in un tweet del 4 giugno, condividendo un’immagine di un manifestante di Hong Kong con un cartello che diceva “NON POSSO RESPIRARE “.

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Manifestanti di Hong Kong che utilizzano gli slogan del Black Lives Matter.

Nel chiedere solidarietà tra i due movimenti, Lausan ha sostenuto che “entrambi derivano dallo stesso sistema di violenza e oppressione statale” e sono collegati “allo stesso modo per essere vittime della brutalità della polizia”.

Tuttavia, ciò che Joshua Wong e altri leader “pro-democrazia” di Hong Kong, insieme ai sostenitori della “sinistra” come Lausan omettono nelle loro dichiarazioni di “solidarietà” con Black Lives Matter, è che il principale alleato del loro movimento sono proprio gli Stati Uniti, stato che reprime brutalmente i manifestanti americani che lottano per la giustizia razziale.

I leader dell’opposizione di Hong Kong come Wong hanno trascorso anni a coltivare stretti rapporti con alcune delle figure più repressive di Washington. Tra i loro migliori alleati ci sono i senatori repubblicani di estrema destra Ted Cruz, Josh Hawley, Marco Rubio e Rick Scott e Tom Cotton, che hanno recentemente chiesto una repressione militare degli Stati Uniti sulle proteste di Black Lives Matter.
Il loro obiettivo espressamente dichiarato, come enunciato da una società lobbistica con sede negli Stati Uniti, è di far avanzare il loro movimento contro il governo cinese e “preservare gli interessi politici ed economici degli Stati Uniti a Hong Kong”.

Data la loro aperta alleanza con gli stessi politici che hanno demonizzato i manifestanti statunitensi come “saccheggiatori” e “terroristi antifa“, i manifestanti di HK hanno sostenuto che il governo venezuelano è dietro le manifestazioni e hanno fatto appelli fascistici all’esercito USA per imporre la legge marziale; le espressioni di sostegno a Black Lives Matter da parte dei leader del movimento “pro-democrazia” di Hong Kong sono praticamente vuote.

Non è un caso che le dichiarazioni di Wong e dei suoi compagni non menzionino, oltre le critiche, i loro sponsor di estrema destra a Washington. Infatti, pochi giorni prima della sua dichiarazione di solidarietà con Black Lives Matter, Wong ha inviato gli auguri di compleanno al senatore Rubio.

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Linciaggio da parte dei manifestanti “pro-democrazia” di Hong Kong.

Queste alleanze evidenziano la superficialità della “solidarietà” dell’opposizione di Hong Kong con Black Lives Matter e riflettono le differenze politiche fondamentali tra i due movimenti.

In netto contrasto con il movimento Black Lives Matter, che ha messo in discussione l’oppressione razziale alla base del sistema politico americano, i manifestanti di Hong Kong hanno affermato con orgoglio il concetto eccezionale e “bianco” degli Stati Uniti come faro di “libertà e democrazia“, adornandosi con le stelle e strisce, cantando l’inno americano e implorando gli Stati Uniti di sorvegliare la regione del Pacifico asiatico.

Laddove Black Lives Matter ha ispirato una resa dei conti globale con l’eredità americana e europea di schiavitù e colonialismo, il movimento “pro-democrazia” di Hong Kong si ispira agli ex padroni coloniali britannici della città.

Nei giorni scorsi, il movimento Black Lives Matter è stato terrorizzato da gruppi di vigilanti bianchi. Nel frattempo, le proteste “pro-democrazia” di Hong Kong sono servite da calamita per i sostenitori degli Stati Uniti e dell’Europa di estrema destra.
I pellegrinaggi di estremisti di destra a Hong Kong hanno incluso numerosi nazionalisti bianchi americani e neonazisti ucraini che in precedenza avevano combattuto nel gruppo paramilitare fascista Battaglione Azov.

L’interesse è stato reciproco, con i “democratici” di Hong Kong che si sono ispirati alla “rivoluzione” filo-occidentale dell’Euromaidan, che ha dato potere alle forze fasciste di estrema destra.
I manifestanti di Hong Kong hanno abbracciato lo slogan “Gloria a Hong Kong“, adattato da “Slava Ukrayini” o “Gloria all’Ucraina”, uno slogan inventato dai fascisti ucraini e usato dai collaboratori nazisti durante la seconda guerra mondiale che è stato reso di nuovo popolare dal movimento Euromaidan.

“Indipendentemente dalle differenze tra Ucraina e Hong Kong, le nostre lotte per la libertà e la democrazia sono le stesse”, ha dichiarato Joshua Wong a The Kyiv Post nel 2019.
“Dobbiamo imparare dagli ucraini e mostrare solidarietà. L’Ucraina ha affrontato la forza della Russia, noi siamo di fronte alla forza di Pechino”.

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La strage di Odessa del 2 Maggio 2014, dove i neonazisti hanno massacrato, stuprato e arso vivi 48 antifascisti (numero ufficiale), nel silenzio totale dell’Europa.

Nonostante i tentativi di equiparare le loro esperienze, entrambi i movimenti hanno dovuto affrontare risposte della polizia radicalmente diverse.
La polizia americana ha ucciso almeno tre manifestanti negli ultimi giorni, imposto duri coprifuoco e l’amministrazione Trump ha minacciato di inviare i militari per reprimere la rivolta.

Eppure dopo un anno di proteste a Hong Kong (durante le quali i manifestanti hanno molestato e preso in ostaggio i giornalisti, aggredito e picchiato innumerevoli persone indifese, bruciato persone vive e ucciso un anziano spazzino gettandogli un mattone in testa) la polizia non ha ucciso un singolo manifestante o imposto qualsiasi coprifuoco in città.
Questo nonostante il fatto che i manifestanti di Hong Kong abbiano esplicitamente puntato a usare provocazioni aggressive per “convincere la polizia a colpirli” per ottenere simpatia internazionale, tra cui lanci di mattoni, bombe di benzina e frecce infuocate contro gli ufficiali.
L’esercito cinese non è mai stato schierato per le proteste, alcuni soldati hanno lasciato la loro caserma in una sola occasione, disarmati e vestiti con pantaloncini e magliette, per pulire i detriti lasciati nelle strade.

È chiaro che il movimento “democratico” di Hong Kong e Black Lives Matter sono movimenti separati con ideologie e obiettivi politici radicalmente diversi. Con l’establishment americano unito nella sua nuova strategia di guerra fredda contro la Cina, Joshua Wong e l’opposizione anti-Pechino di Hong Kong sono ben consapevoli che il sostegno bipartisan al loro movimento è sicuro.
Se le loro dichiarazioni di “solidarietà” con le proteste che si svolgono negli Stati Uniti rappresentano qualcosa, è un disperato desiderio di evitare di essere ulteriormente offuscati dalle strette alleanze che hanno stretto con i militanti pro-polizia a Washington.

traduzione e articolo in apertura: Marcello Colasanti

LINK:

Hong Kong’s ‘pro-democracy’ movement allies with far-right US politicians that seek to crush Black Lives Matter

Linciaggio da parte dei manifestanti di Hong Kong (contenuto sensibile)

Behind a made-for-TV Hong Kong protest narrative, Washington is backing nativism and mob violence

La rivolta si propaga. Minneapolis e Hong Kong: due pesi e due misure.

Strage di Odessa: parla una sopravvissuta. “La brutalità ed il terrore di quel giorno dovevano essere una lezione per qualunque oppositore.”

7+ Times Avi Yemini consorted with Neo-Nazis


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ARTICOLO E TRADUZIONE SCRITTI PER “IL GIORNALE DEL RICCIO”,
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