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La rivolta si propaga. Minneapolis e Hong Kong: due pesi e due misure.

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Pochi giorni fa abbiamo ricordato gli eventi della Rivolta di Los Angeles del 1992 in questo articolo.
Attualmente gli scontri si stanno propagando in tutti gli Stati Uniti d’America, in particolare a New York, Los Angeles, St. Louis e Washington, mentre da Minneapolis, luogo dell’uccisione di George Floyd, sono arrivate le immagini di devastazione culminate con l‘incendio del commissariato di polizia.

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Il commissariato di Minneapolis.

La protesta, se valutata per la sua propagazione, sta assumendo un carattere maggiore a quella del ’92, mentre per le azioni e reazioni, rimane pressoché identica.

L’uccisione dell’ennesimo afroamericano, inaccettabile soprattutto per la modalità folle con cui si è consumata, ha svolto il ruolo di goccia per un vaso che era colmo da lungo tempo. Le proteste sono il picco di un periodo di tensioni sociali elevatissime e accumulate negli ultimi anni, che vanno dalla repressione aumentata a dismisura, disparità sociale, strati sempre maggiori della popolazione in povertà assoluta, disoccupazione e la gestione del Covid-19 da parte dell’amministrazione Trump, disastrosa sotto ogni punto di vista, che ha superato attualmente le 100.000 vittime (in cui i neri sono morti statisticamente 6 volte più dei bianchi), probabilmente il problema più sentito attualmente.

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St Paul, Minnesota.

Temi per cui, allo stato attuale, la mobilitazione assume un carattere necessario e inevitabile: su questo l’attenzione andrà focalizzata.

Ma di contro, anche la miglior protesta sacrosanta e disperata, negli Stati Uniti, degenererà sempre in un incontrollato vandalismo, con la maggior parte dei partecipanti senza una reale organizzazione e infiltrazioni di sbandati, a cui ben poco interessa il carattere collettivo della mobilitazione (proprio come accadde nel ’92 a Los Angeles).
Questo è dovuto al sistema valoriale, etico e culturale a cui viene sottoposto ogni americano fin dalla nascita, dal ceto più alto a quello più basso, una formazione unica che pone come perno centrale l’individualismo sfrenato, totalizzante, predatorio, creando un mix letale con le condizioni di grave povertà in cui versano un numero altissimo di persone. Su questo, possiamo citare anche il black out del 1977 a New York.
Starà a noi il non cadere nella trappola mediatica del “soli teppisti”, perché come spiegato sopra, le ragioni sono sincere, reali e impellenti.

Le contromisure adottate a livello governativo sono state:
– l’invio della
Guardia Nazionale (militari riservisti delle Forze Armate) a fronteggiare le proteste, che di norma preannunciano l’arrivo dell’Esercito regolare;
– l’arresto in diretta TV di un giornalista di colore della
CNN (ma non del suo collega bianco);
– durante la scorsa notte,
la morte di un diciannovenne durante gli scontri;
– le parole del Presidente Trump che senza mezzi termini minaccia
“pronti a sparare, fermerò la violenza di massa”, relegando il tutto al solo teppismo da strada e commentando le proteste davanti alla Casa Bianca “sarebbero stati accolti dai cani più feroci e dalle armi più minacciose che io abbia mai visto. E la gente si sarebbe fatta veramente male, almeno”, aprendo anche l’ennesimo siparietto con i social network, dato che il suo commento
Ho appena parlato con il governatore Tim Walz e gli ho detto che le forze armate sono totalmente con lui. Se ci sono difficoltà, assumeremo il controllo, ma quando parte il saccheggio, si inizia a sparare. Grazie!”
è stato segnalato da Twitter come violazione delle regole sull’esaltazione della violenza” (la reazione di Trump, che deve un notevole tributo politico ai social, è stata la firma del decreto che limita l’immunità di questi sulle cancellazioni e restrizioni dei post).

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29 Maggio, in piena rivolta, un tweet di Donald Trump.

– Inoltre, mentre l’America letteralmente brucia, durante la conferenza stampa del 29 Maggio alle ore 20:50, il Presidente Trump annuncia che “avrebbe parlato soprattutto della Cina”, sostenendo l’interruzione di ogni rapporto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità perché, secondo lui, ha protetto quest’ultima nella cattiva gestione del Covid-19 e “la Cina ha controllo totale dell’Oms” (dimenticando che, come primo finanziatore, gli USA hanno tutt’ora il maggior peso sulle decisioni di attività e ricerca nell’OMS, nonché come organo dell’ONU). Incalzando ancora “il mondo sta soffrendo per le malefatte del governo cinese”, promettendo la cancellazione dei trattamenti speciali verso Hong Kong e delle società gestite dal governo cinese dai mercati dei titoli americani.

In tutto questo susseguirsi di azioni, parole e sproloqui, nemmeno un accenno di comprensione e mediazione con la parte manifestante; nessuna autocritica sulla situazione.
Insomma, non accade nulla per propria mancanza.

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La maggior debolezza è il non assumersi mai le responsabilità delle proprie azioni.
In un gioco che la destra conosce molto bene, Donald Trump, fin dall’inizio della sua presidenza, ha sempre giustificato ogni singolo problema o propria grave mancanza dando la
colpa ad attori esterni.
In un tweet ha, di nuovo, scaricato sul sindaco democratico di Minneapolis la
“totale mancanza di leadership definendolo “molto debole”.

Questo corposo incipit sulla situazione americana si snoda attraverso l’utilizzo della forza militare, della violenza in risposta alle richieste della popolazione, nessuna mediazione con la controparte, uccisioni durante le repressioni, arresto di giornalisti, limitazioni ai social network. Tutti punti che gli Stati Uniti hanno da sempre utilizzato come accusa e scontro mediatico contro un altro paese, ormai ossessione del Presidente; la Cina e la crisi di Hong Kong.

Per giunta, molte di queste accuse nemmeno sono applicabili al contesto:
– l’Esercito cinese non è mai intervenuto nella questione di Hong Kong, lasciando la gestione alle forze dell’ordine della Regione ad Amministrazione Speciale.
– la violenza utilizzata dalla polizia di Hong Kong è praticamente nulla se confrontata con l’efferatezza dei manifestanti “pro-democrazia”, che attuano il sistematico linciaggio della popolazione civile (come molti video e testimonianze rivelano) sospettata di essere “filo-cinese” (in Cina…), facendo vivere i cittadini in un costante sentimento di terrore.

 

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Uno degli innumerevoli linciaggi eseguiti dai manifestanti filo-occidentali di Hong Kong.

-la mediazione con i manifestati è sempre stata la via principale con cui il governo di Hong Kong e la Cina hanno tentato di risolvere le tensioni. A dimostrazione di questo, la proposta di legge di estradizione, quella da cui (teoricamente) sono partite le contestazioni, è stata ritirata.
-in oltre un anno di proteste, le forze dell’ordine di Hong Kong non hanno commesso nessun omicidio. Attualmente si contano 2 morti: il primo, un anziano ucciso dai manifestanti, il secondo, un manifestante caduto all’interno di un parcheggio nel tentativo di interrompere il matrimonio di un poliziotto.
– attualmente una pluralità di giornalisti si trova ad Hong Kong e possiamo affermare con certezza che la maggioranza dell’informazione che segue e divulga gli eventi è filo-occidentale.

L’occidente e gli Stati Uniti d’America continuano a giudicare repressive e meritevoli di biasimo le azioni degli altri paesi (spesso in maniera infondata), giustificate e legittime le proprie, anche quando in maniera ipocrita la propria condotta è identica, se non peggiore, all’accusa mossa.
E’ il classico metodo dell’applicare due pesi e due misure, un atteggiamento di superiorità autoconferita grazie al semplice utilizzo della parola “democrazia” all’interno del proprio ordinamento, anche se questa, nei fatti e nelle azioni, è continuamente smentita.

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Manifestanti di Hong Kong con bandiere statunitensi.

Una differenza abissale va sottolineata anche negli atteggiamenti e nelle parole utilizzate dai due attori in questione, Cina e USA.
Quelle della Cina arrivano sicuramente decise, ma non sconfinano mai nell’aperta accusa senza fondamento, nell’offesa e nella prepotente provocazione, cosa che accade costantemente nei comunicati statunitensi e (in maniera spesso delirante) del Presidente Donald Trump.

Immaginiamo per un attimo, a parti invertite, se il Presidente cinese Xi Jinping esprimesse solidarietà ai manifestanti di Minneapolis: cosa accadrebbe a livello internazionale e diplomatico?

Parole di supporto che regolarmente, invece, sono arrivate ai manifestanti di Hong Kong dagli organi governativi USA; una provocazione e ingerenza occidentale alla sovranità cinese che rivela un metro di giudizio totalmente unilaterale.

Il periodo di crisi e conflitti su scala mondiale rivelano con sorprendete chiarezza queste enormi contraddizioni, tipicamente occidentali, e una serie di differenze nella comunicazione, nelle azioni e negli atteggiamenti da parte dei due principali competitor che non possiamo ignorare per costruire un’immagine coerente dell’attuale situazione geopolitica.

Tornando ai veri protagonisti attuali, i dimostranti americani; se valutiamo con franchezza la situazione, gli elementi ci portano a prevedere, con grande rammarico, un finale simile a Los Angeles ’92. Con la speranza che il bagno di sangue, almeno quello, sia limitato.

Se la protesta non troverà un’organizzazione centralizzata e ideologicamente solida che metta in discussione l’intero sistema neoliberista americano, piuttosto che i singoli attori come la polizia, il razzismo o il Presidente Trump, non cambierà nulla…

Intanto, l’autopsia eseguita dalle autorità competenti sul cadavere di George Floyd, escludono la morte per soffocamento.
A quanto pare, non solo in Italia si muore d’epilessia…

Marcello Colasanti

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LINK:
George Floyd ucciso negli USA: ultimo anello di una lunga catena. Una nuova Los Angeles ’92?

“They don’t care about us” di Michael Jackson: l’attualità di una canzone antirepressione.

Vaccino Covid-19: bene comune per Xi, nuova “corsa allo spazio” per Trump.

Linciaggio da parte dei manifestanti di Hong Kong (video con contenuti sensibili)

Gli USA primi al mondo per contagi Covid-19. C’è da stupirsi? (AGGIORNATO)

Le sottili differenze, che spiegano le pieghe della storia.

Minneapolis, scontri dopo la morte di George Floyd. Trump invia 500 uomini della Guardia Nazionale: “Pronti a sparare”. Cnn: “Arrestato un nostro giornalista di colore”

Usa: Trump, interromperemo le nostre relazioni con l’Oms a causa della Cina

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Un ragazzo è morto a Detroit negli scontri per George Floyd

Uccisione Floyd a Minneapolis, scontri in tutta l’America. Trump: “Fermerò la violenza di massa”

Black Out di New York 1977

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