Articoli del 2020 · Cronaca · Dal Mondo · Geopolitica · Politica · Repressione e controllo

USA verso una guerra civile. Il declino inarrestabile di un sistema.

Negli ultimi due mesi in molti si sono posti una domanda: dopo il clamore delle proteste negli Stati Uniti, è già tutto finito?

No… esattamente come a Maggio, negli USA si continua a protestare per le strade. Ma soprattutto, a morire.
Questo nonostante una copertura mediatica ormai nulla, se paragonata alla rilevanza delle vicende.

I fatti americani tornano (seppur minimamente) a sporcare con un po’ d’inchiostro le pagine di cronaca dopo 2 assurdi episodi.

Il primo, quello di Jacob Blake, colpito alla schiena da 7 colpi di pistola sparati dalla polizia, nonostante la non pericolosità dell’afroamericano sceso dall’auto per sedare una rissa, come suggerito dal video divenuto virale; in seguito all’accaduto, Blake è in gravi condizioni e paralizzato agli arti inferiori. All’interno della vettura, c’erano i 3 figli dell’uomo, che hanno assistito alla scena.
L’altro riguarda un ragazzino di 17 anni, tale Kyle Rittenhouse, che insieme ad altri suprematisti bianchi radunati in una “milizia per la difesa della proprietà privata”, ha ucciso due persone che protestavano dopo il ferimento di Jacob Blake.

17 anni. In giro con fucile d’assalto.

Fin dall’inizio delle proteste legate al movimento BLM, gruppi di estrema destra, neonazisti, suprematisti bianchi e frange estreme del partito repubblicano, hanno formato milizie armate (e per armate negli USA, parliamo di regolare armamentario bellico), con la giustificazione di dover “proteggere la proprietà privata, ristabilire legge e ordine”, mantra dell’attuale politica trumpiana.

Il diciassettenne era proprio inquadrato all’interno di una di queste, addirittura ex membro del programma per cadetti della polizia giovanile.
Le milizie sono da sempre supportate e incentivate dalla polizia, che in più occasioni ne ha elogiato il comportamento: nello specifico su Kyle Rittenhouse, sono comparsi video in cui la stessa lascia campo libero al ragazzo porgendogli anche una bottiglietta d’acqua, e il capo della polizia di Kenosha, Daniel Miskinis, ha pubblicamente difeso il ragazzo, definendo le due vittime uccise «persone coinvolte dopo il coprifuoco in attività illegali, che hanno portato la violenza nella comunità. Non ci sarebbe stato nessun incidente se i manifestanti non fossero stati in strada dopo il coprifuoco».
Supporto alla polizia ribadito anche dal Presidente Donald Trump, sia nel caso Blake che Rittenhouse.

Tradotto, il problema della società americana non risiede in gruppi paramilitari in giro per l’America armati fino ai denti; non è un diciassettenne che può tranquillamente e legalmente acquistare un fucile d’assalto e uccidere impunemente due persone; non sono i cinque “George Floyd” che ogni giorno vengono uccisi dalla repressione poliziesca; ma i manifestanti che protestano contro tutto questo, rei di non rispettare il coprifuoco.

Suprematisti per Trump in una manifestazione del 2019 a Portland.

Gli Stati Uniti d’America stanno vivendo una contestazione su enorme scala che, data la direzione e reazione da parte del Governo, porterà sempre più sulla strada dell’aperta guerra civile. La parola, non è così esagerata come può apparire…

Le proteste non vedono più la sola repressione governativa contro la popolazione in mobilitazione, ma fazioni e parti della stessa che si scontrano in maniera sempre più violenta, fino all’omicidio.
La polizia e l’amministrazione Trump, che non hanno minimamente fronteggiato il problema dei gruppi paramilitari e difeso il rispetto del Diritto (alla faccia di “legge e ordine”) in questo frangente, porteranno a un’inevitabile azione di forza anche dalla parte manifestante. Per quanto continueranno a fare da “bersagli viventi” per polizia e adolescenti esaltati? In alcune città, anche loro hanno cominciato ad armarsi in maniera preventiva. E a buon ragione, aggiungiamo.
E’ di poche ore fa l’uccisione di un appartenente ai gruppi d’estrema destra a Portland (le notizie sono ancora imprecise e discordanti).

La questione razziale è sì fondamentale, ma quello che viene continuamente eluso dalla narrazione mediatica è la connessione di questa alla componente sociale.
Il razzismo non è altro che uno dei fenomeni determinanti per il mantenimento del sistema liberista, che crea quella necessaria divisione all’interno della popolazione, anche nei soggetti socialmente uguali. Popolazione che dovrà sempre trovare una spiegazione alla propria miseria non nel sistema stesso, ma nel miserabile che abita accanto. Meglio se minoranza e colorato, più facilmente riconoscibile.
Perciò, disconnettere il razzismo dal capitalismo, è il non centrare mai la radice del problema americano. Volutamente.

Gli Stati Uniti stanno registrando un record negativo riguardante la disoccupazione reale, che ormai ammonta alla cifra spaventosa di 75 milioni di persone, il 22,8% della popolazione. La crisi del Covid-19, con annessa inesistente gestione, ha esasperato quello che è in atto da anni: una crisi del sistema americano, ormai privo di supremazia in qualsiasi settore, che si fonda proprio sulla continua, perpetua e necessaria crisi economica, che da secoli scarica il suo peso in basso. Peso ormai sempre più gravoso e inaccettabile, in termini economici, in termini di disuguaglianza sociale (i miliardari americani hanno guadagnato 565 miliardi di dollari in più durante il lockdown), in termini di repressione violenta.
Non è un caso che le minoranze che subiscono la razzializzazione più violenta, corrispondano alla fascia socialmente più colpita.

Insieme alle proteste è partita la campagna elettorale per la rielezione del Presidente degli USA, che vede in opposizione a Trump il democratico Biden; quest’ultimo sta utilizzando come cassa di risonanza proprio le proteste, con affermazioni che spesso entrano facilmente in conflitto, mantenendo una posizione di ambiguità che invia messaggi consolatori alla parte manifestante, per poi ribadire, comunque, un appoggio al sistema poliziesco in atto, con la frase più volte criticata del “no al taglio dei finanziamenti alla polizia”.

Un cambio di presidenza ai danni di Donald Trump (figlio coerente dell’America, non una parentesi spiacevole), non riuscirà a modificare quelli che sono e restano i rapporti di forza all’interno del sistema liberista americano, che in ogni forma si manifesti, repubblicana o democratica, ne gioca un ruolo funzionale.
Il cambiamento non lo fu Obama, non lo sarebbe stato Hillary Clinton, non lo sarà Biden.
L’unico cambiamento risolutivo sarà quello di sistema, ma sappiamo perfettamente che in un paese come gli Stati Uniti non avverrà mai, a costo di trascinare il mondo in un nuovo conflitto (come tentano da due decenni con le ingerenze e provocazioni a Russia e Cina).

Quel ragazzo di 17 anni, seppur un assassino, è vittima anch’esso di un sistema violento, iniquo e assurdo che mette davanti a tutto, persino alla vita, il profitto privato.

«Le persone mi chiamano per dire che sono dispiaciute, ma non voglio la vostra pietà. Voglio il cambiamento». Letetra Widman, sorella di Jacob Blake.

Tamir Rice e Kyle Rittenhouse

PS: per chi ancora mantiene delle riserve sulla questione delle proteste americane e sottodimensiona il problema razziale e sociale, in alcuni casi condividendo anche il motto ipocrita repubblicano “all lives matter”, ricordiamo il caso di Tamir Rice, 12 anni, che giocava in un parco con una pistola giocattolo: venne ucciso all’istante al sopraggiungere della polizia, che si giustificò “Pensavamo fosse vera”.
All’altro bianco, suprematista, con un fucile d’assalto e due morti sulla coscienza, hanno offerto una bottiglietta d’acqua.

PPS: concludiamo sempre con la provocazione geopolitica rivolta alla nostra stampa; cosa avremmo letto sui giornali se gli stessi fatti fossero avvenuti ad Hong Kong?



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LINK AL BLOG:
George Floyd ucciso negli USA: ultimo anello di una lunga catena. Una nuova Los Angeles ’92?

La rivolta si propaga. Minneapolis e Hong Kong: due pesi e due misure.
Kareem Abdul-Jabbar: “Non capisci le proteste? Quello che vedi sono le persone spinte al limite”.
[Black] people rise up! – Sit in a Roma in sostegno delle proteste in USA. (Foto) 05/06/20

LINK ESTERNI:
-Rittenhouse e il suo gruppo armato protetti dalla polizia di Kenosha
-Stati Uniti, le lacrime del padre di Jacob Blake: “Hanno sparato a mio figlio sette volte. È un essere umano, e questo conta”
-La disoccupazione Usa vola al 14,7%. Mai così alta dal Dopoguerra
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