
Ricorderete il “bombardamento” dell’ospedale di maternità di Mariupol, partito con titoli da “centinaia” di morti, per poi diventare 3, attestandosi infine a 1.
La foto della ragazza incinta con il pigiama a pois mentre esce dall’edificio ha fatto il giro del mondo, indignando in un’onda emotiva di accuse unilaterali alla Russia. Alcuni media in ucraina diffusero anche la notizia che fosse morta più tardi, proponendo 1 minuto di silenzio (non riferito alla seconda ragazza in barella, ma direttamente a lei).

In realtà le dichiarazioni, la locazione, le tempistiche, le segnalazioni dei giorni precedenti, nulla portava a conferma della versione che in maniera “sicura e certa” è stata pesantemente divulgata; sul caso avevamo preparato un articolo raccogliendo tutte le fonti, testimonianze e prove possibili (non condiviso per dare precedenza al susseguirsi degli eventi).
La ragazza di nome Marianna Vyshemirskaja, che ha poi partorito 4 giorni dopo, era stata raggiunta per un’intervista dagli stessi che prontamente si trovavano all’esterno dell’ospedale. Nella sua dichiarazione, la ragazza sosteneva categoricamente che l’attacco non era stato aereo, ma che arrivasse da vicino. Questa parte della dichiarazione fu tagliata.
Marianna si è poi diretta verso la sua città natale, Makiïvka nella Repubblica Popolare di Donetsk, rilasciando un’ulteriore intervista in cui ribadiva, di nuovo, che l’attacco non era aereo, come sostenuto dalla versione governativa ucraina, e che rimaneva stupita dalla velocità con cui la troupe arrivò sul luogo, suggerendo che in realtà fossero già lì. Per lei non era il primo bombardamento; come tutti gli abitanti del Donbass, aveva già vissuto l’esperienza.
Questa intervista, che ribalta la versione di tutte le testate occidentali, è stata liquidata con una spiegazione paradossale: la ragazza è stata “rapita dai russi“, quindi parlava sotto minaccia.
Ora, Giorgio Bianchi l’ha raggiunta e intervistata, confermando che nessuno l’ha costretta a partire per Donetsk, tantomeno tenendola in ostaggio.
La sua esperienza, che esclude categoricamente l’attacco aereo e alza i dubbi sul false flag, è raccolta in un’intervista di un’ora.
Attualmente, da simbolo della “resistenza” ucraina è divenuta una rinnegata.
L’informazione attuale non ha il compito d’informare ma di emozionare, montando la rabbia sul “sempre e comunque cattivo” a beneficio “del sempre e comunque buono“.
Questo è uno dei casi più maldestri ed eclatanti.
Dall’intervista, Marianna: “se non ci fossero tutte queste fake news ci sarebbero meno guerre e finirebbero più velocemente”.

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