
Il tre volte campione olimpico di freestyle Aaron Blunck, sciatore statunitense, ha elogiato pubblicamente la Cina per il “lavoro stellare” fatto in questi giochi olimpici per garantire la sicurezza degli atleti, commentando: “Hanno onestamente fatto un lavoro stellare con l’intero protocollo Covid. Non sapevo davvero cosa aspettarmi, dato che negli Stati Uniti si sentono alcune notizie piuttosto cattive al riguardo, e questo è completamente falso, in realtà è stato fenomenale”, criticando la copertura mediatica distorta negli Stati Uniti sui Giochi invernali in Cina.
Continuando, sulle olimpiadi in generale “Tutto – dal personale, ai tester Covid, all’alloggio – è probabilmente, onestamente, una delle migliori Olimpiadi a cui siamo stati”.
Si unisce alla valutazione il compagno di squadra 27enne Alex Ferreira, che ha dichiarato: “Penso solo che tutte le persone e lo staff all’interno del Villaggio Olimpico siano così genuini e gentili, sono una comunità così felice… è piacevole ed è bello da vedere.” Ancor più decise le parole della snowboarder Tessa Maud, che ha condiviso un dietro le quinte quotidiano di Pechino attraverso vlog, dicendo di aver versato lacrime di gioia mentre i volontari l’accoglievano nei Giochi: “Tutti i volontari sono così dolci e gentili. Sono così felici che siamo qui. Ci sentiamo ben accolti”.

Per queste parole, l’account Twitter di Aaron Blunck è stato prontamente sospeso. L’atleta ha denunciato il fatto su Instagram con la condivisione di un commento di un follower che scrive: “Aaron Blunck è qui fuori a dire la verità e ad essere punito dal suo stesso governo”, ed un altro più diretto che accusa il governo degli Stati Uniti di essere l’artefice della chiusura del suo account: “Twitter ha eseguito l’ordine delle élite dominanti occidentali. La punizione arriva abbastanza velocemente”.
Blunck ha poi taggato Twitter e chiesto: “cosa avrei fatto?”.

Una storia che ci ricorda come i social media NON sono sinonimo di democrazia e libertà di espressione, ma l’esatto contrario. Prenderli come metro di giudizio per il livello di libertà all’interno di un paese è un errore grossolano, percettivo e politico, nonché intellettualmente disonesto.
I nostri social rientrano pienamente in un largo ed ampio sistema di potere e controllo, strumenti funzionali all’egemonia americana. Motivo per cui in molti paesi, percepiti come competitor dall’occidente, tali strumenti privati sono debitamente limitati, con grande “sdegno” e accusa di dittatorialità da parte nostra.
Se scambiamo Facebook e Twitter come sinonimo di rappresentanza, il problema è completamente il nostro.

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