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10° settimana di proteste in Francia. Una riflessione sui Gilets Jaunes con Antonio Gramsci e John Reed.

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Con la manifestazione di ieri (19 Gennaio), la Francia è arrivata alla 10° settimana di proteste dei Gilets Jaunes. Un tempo decisamente lungo per una protesta di piazza.
Due piccole riflessioni si prestano perfettamente alla situazione.

Per quanto riguarda i manifestanti, troviamo un movimento largo e spontaneo nato dal basso ed eterogeneo, organizzatosi in maniera virale sui social. Per un lungo periodo, i media hanno diffuso la riduttiva informazione che la protesta s’incentrasse sull’aumento della tassazione dei carburanti, banalizzando ad una singola richiesta e motivazione. In realtà quest’ultime sono molto più complesse ed articolate, nate da un periodo prolungato di esasperazione sociale e d’indifferenza governativa.
Tra le richieste dei Gilet Jaunes troviamo:
l’eliminazione del fenomeno dei senzatetto con una seria campagna di lotta alla povertà;
maggiore progressività nelle imposte sul reddito;
l’aumento del salario minimo a 1300 euro;
una tassazione che sia differente in base ai volumi di grandezza dei capitali su cui si lavora: tanto per i grandi (Google, Amazon, ecc.) e poco per i piccoli (artigiani, piccole imprese);
salario medio nazionale per gli eletti in politica;
proibire la delocalizzazione;
affrontare le cause dell’immigrazione, non gli effetti;
trattamento umano e vera integrazione degli stranieri;
fine della politica di austerità;
più contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a tempo determinato;
nazionalizzazione e collettivizzazione del settore gas e luce;
queste solo alcune come esempio, insieme a tante altre che affrontano l’istruzione, il potere d’acquisto, la rappresentanza politica, il sociale, il sistema pensionistico, i trasporti… ed anche il caro benzina. Ma anche…

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Fin dalle prime proteste il supporto è arrivato da quasi tutte le forze dell’opposizione politica all’attuale governo del Presidente Emmanuel Macron, dalla sinistra de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, all’estrema destra del Rassemblement National (ex Front National) di Marine Le Pen.
Se leggiamo attentamente le richieste dei portavoce, possiamo senza dubbio collocare tale movimento in un quadro progressista ed anticapitalista, tutt’altro che conservatore o addirittura reazionario. Nascendo in maniera spontanea e dal basso, i Gilets Jaunes rimangono una forza eterogenea, formata da persone che hanno votato i più disparati schieramenti alle ultime presidenziali, ma legati dall’insoddisfazione delle scelte governative.

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Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen.

Quindi, sicuramente progressista, ma politicamente ancora non delineata in maniera evidente, senza una chiara e definita struttura politica.
A tal riguardo, una piccola parentesi va aperta sulla valutazione di alcuni settori della sinistra italiana. Abbiamo più volte sentito e letto una semplificazione delle proteste come mascheramento di azioni coordinate da gruppi fascisti; tale visione, oltre che non reale, è assai debole, mancando (di nuovo…) di uno sforzo nella comprensione di un qualcosa di politicamente e socialmente importante non solo per la Francia, ma per l’Europa (stessa sorte delle valutazioni della Grecia post-memorandum). Sono molti i video che mostrano l’allontanamento, pacifico o meno, di soggetti fascisti infiltrati.
Infiltrazioni che ci sono state e ci sono, e proprio su questo possiamo agganciarci per una riflessione al 3° quaderno dei “Quaderni del Carcere” di Antonio Gramsci:

“Trascurare e peggio disprezzare i movimenti così detti “spontanei”, cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi. Avviene quasi sempre che a un movimento “spontaneo” delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti spontanei di massa da una parte. Dall’altra parte determina complotti dei gruppi reazionari che approfittano dell’indebolimento obbiettivo del governo per tentare dei colpi di Stato. Tra le cause efficienti di questi colpi di Stato è da porre la rinunzia dei gruppi responsabili a dare una direzione consapevole ai moti spontanei e a farli diventare quindi un fattore politico positivo. “

Gramsci descrive proprio il rischio maggiore che stanno correndo i Gilets Jaunes.
Un movimento spontaneo che rimane nel limbo dell’eterogeneità senza assumere una linea politica e coscienza di classe, dopo un così lungo e forte periodo di proteste, rischia nella migliore delle ipotesi la sua dispersione, data la sempre minore “spinta” generata dalla miccia iniziale, ma nella peggiore, la trasformazione di quelle istanze progressiste in movimento reazionario, tramite proprio le infiltrazioni e propaganda della destra reazionaria (o fascista, che dir si voglia).

Dall’altra parte dello schieramento, valutando l’operato del Governo e del Presidente Emmanuel Macron, troviamo nient’altro che la conformità con tutti i paesi dell’Unione Europea e dell’occidente in generale, nel trattare situazioni di protesta nate da un disagio sociale: un’immediata e becera violenza repressiva.
Che la protesta nasca nella maniera più pacifica e tranquilla possibile, non ha importanza per gli attuali Stati neoliberisti, la sordità alle richieste sarà totale e la repressione immediata. La situazione catalana in Spagna è stata (ed è tuttora) identica (si scomodò addirittura il Presidente degli USA Donald Trump sulla questione).

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Durante le manifestazioni in Catalogna, una scritta apposta sopra un’urna elettorale: “Spagna, è questo il tuo problema?”

Sul tema della violenza di Stato, la Francia proviene da un periodo pesantissimo di prolungato Stato di Emergenza per finalità antiterroristiche che ha visto, soprattutto nella capitale Parigi, un’ondata di violenza poliziesca preoccupante. Potete approfondire con la lettura di questo articolo di due anni fa: Francia e violenze poliziesche: “Vengo da te e ti stupro.” La repressione propagandata come sicurezza.
Tra le richieste dei Gilet Jaunes, anche queste tematiche sono particolarmente sentite.
Purtroppo le forze governative e il Presidente Macron (che nelle primissime battute ha sfoggiato addirittura un’aria di sdegno e sfida), hanno portato una situazione di per se difficile, in esplosiva e disperata. Attualmente, si contano 10 morti, 3000 feriti e 5000 arrestati.
L’impasse creato, fatto da una linea durissima di arresti e di deboli concessioni, è ben delineata da un passo di John Reed nel suo reportage “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”, mentre assisteva a ben altra rivoluzione:

“Nei rapporti tra un governo debole ed un popolo in rivolta, si giunge sempre ad un momento in cui ogni atto delle autorità non fa che esasperare le masse ed ogni rifiuto di agire non fa che eccitarne il disprezzo.”

Nulla può descrivere meglio il rapporto governo-popolo dell’attuale Francia.

In definitiva, per la gestione delle iniziali proteste che hanno portato alla situazione attuale di ostinata oltranza; il non aver ascoltato le istanze popolari quando la situazione lo permetteva; l’aver palesato tutta l’inadeguatezza: l’unica soluzione ragionevole e corretta da parte dell’esecutivo attuale e del Presidente Macron è quella delle dimissioni immediate. Cosa che non sarà assolutamente possibile per una semplicissima questione.

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“Chi semina la miseria raccoglie la rabbia.”

L’Unione Europea, il blocco “Atlantico”, più specificatamente il sistema occidentale neoliberista, non lo permetterebbe mai. Creerebbe un pericoloso precedente.

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Come per la già citata Spagna, ma al parallelo potremmo aggiungere tutte le grandi manifestazioni anti-sistema che hanno investito il mondo occidentale, dall’Italia di Genova, alla Grecia del pre-Syriza, alle attuali proteste statunitensi anti-Trump; ormai per un mondo e sistema economico come quello delle “democrazie liberali” già finito ed esaurito da diversi decenni, la risposta è e sarà sempre, sia in politica interna che (con conseguenze ancor più nefaste) in politica estera, l’immediata repressione violenta. I fatti, tristemente, lo confermano.
Questo necessariamente, dato che l’unico elemento di forza rimasto a tale sistema, schiacciato sotto ogni singola altra questione dall’ormai supremazia del polo sino-russo, è la sola repressione. Tutti gli altri sono, ormai, esauriti da tempo. A dispetto delle denunce che l’occidente continuamente invia ai governi del mondo non allineato nelle proprie fila; denunce su temi antidemocratici e repressivi che, per primo, non ha mai rispettato, in particolare negli ultimi 30 anni.
Quindi lo sguardo, come per ogni questione, va spostata sull’assetto geopolitico degli schieramenti mondiali attuali, non solo al singolo caso.

Quest’ottica, gioca a favore del Governo, che sta volutamente temporeggiando in vista di un inevitabile ridimensionamento della protesta.

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A sinistra, manifestanti comunisti con i Gilets Jaunes. A destra, scritta apparsa durante gli scontri del GUD, Groupe Union Dèfense, gruppo studentesco d’estrema destra.

Come detto, il movimento dovrà necessariamente elevare le istanze in qualcosa di ben strutturato politicamente. Delle iniziative ci sono state, come il comunicato di Fabien Roussel, segretario del Partito Comunista Francese, che ha annunciato l’ingresso nelle proprie liste di alcuni leader dei Gilets Jaunes alle prossime elezioni europee, oppure l’annunciata (e probabile) lista apartitica di soli manifestanti, data già al 13%. Ma non sono stati i soli; Florian Philippot, ex Front National e leader del partito d’estrema destra Les Patriotes, ha per primo registrato e depositato il marchio “Gilets Jaunes”.
Come visto, e come teoricamente annunciato dal passo di Gramsci, i tempi sono stretti.
Dopo 10 settimane, non rimangono che 3 ipotesi:
struttura e coscienza politica,
dispersione,
appropriazione in chiave reazionaria.

Che la voglia e le azioni (non la speranza), scongiurino le ultime due; la seconda per non perdere una così grande spinta popolare, la terza per non ritrovarci al punto di partenza con le stesse variabili ma enunciate in maniera differente.

Marcello Colasanti

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citazioni tratte da:
– Antonio Gramsci, Quaderni del Carcere, Quaderno 3, Paragrafo 48, Passato e Presente. Spontaneità e direzione consapevole. Einaudi.
– John Reed, “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”, terzo capitolo – pag. 45, Editori Riuniti.

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