A pochi mesi dal suo 90° compleanno, muore il leader della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro.
Il mondo occidentale ha riacceso (come immaginabile), anche in occasione della sua morte, le ridondanti accuse che dall’alto della sua democrazia liberista ha sempre rivolto alla sua figura e al suo paese.
Accuse che ascoltiamo da 60 anni, niente di nuovo, non ci siamo illusi nemmeno un momento che di fronte alla morte sarebbero state risparmiate; in fondo, anche la morte, nel nostro perfetto sistema liberista, è merce. Propagandistica e monetizzante.
Ma su questo “controverso” personaggio, sempre in umile abito verde militare e al massimo in tuta negli ultimi anni, alcuni punti del suo operato rimangono fissi.
Perché Fidel Castro, che dir si voglia, ha lasciato un paese e, soprattutto, un popolo migliore. Questo nessuna critica potrà mai negarlo.
In condizioni difficilissime, con un embargo criminale che ha negato prodotti, sviluppo e spesso la stessa vita ad un popolo intero, con continui attacchi terroristici targati CIA che hanno ucciso migliaia di cubani (mai riportati da media occidentali) sovente per mano di organizzazioni mafiose (dove a Cuba non esistono, ma furono “accolte” amorevolmente in Florida); si è riusciti a costruire un sistema che ha al suo interno il “miglior sistema scolastico del mondo”, dove ognuno è libero di divenire ciò che la sua passione e vocazione gli suggerisce, gratuitamente; il “miglior sistema sanitario al mondo”, dove l’assistenza sanitaria di qualità è garantita a tutti, con la formazione ogni anno di migliaia di medici non solo cubani, ma che provengono da tutto il mondo, sempre gratuitamente, con un livello di ricerca scientifico-sanitaria più avanzato di quello occidentale per molti aspetti; il “miglior sistema carcerario al mondo”, dove un detenuto è realmente considerato un cittadino da recuperare, dandogliene la sincera possibilità sia durante che dopo la detenzione, trattato in maniera umana senza abusi, perché nessun uomo sia messo al di sopra di nessun altro, come lo stesso Fidel (senza nascondere una certa emozione) disse nell’intervista ad Oliver Stone: “non troverete mai a Cuba una persona che ha subito tortura”.
Tutto questo, detto e confermato da osservatori internazionali di provenienza occidentale, nonché dai suoi oppositori.
Ma sopra a questi traguardi, ottenuti in quella particolare condizione (e ci chiediamo in un contesto normale quanti altri ce ne sarebbero stati), Fidel Castro rimane e rimarrà un esempio, un modello.
L’esempio e la speranza a cui l’America latina ha sempre guardato nella lotta e nella resistenza all’imperialismo, spingendo proprio questi paesi a quel fenomeno del “socialismo 2000”, che nonostante la battuta d’arresto che sta subendo in questi anni, ha aiutato quella parte di continente a sganciarsi da una sudditanza imposta dal neoliberismo americano, forti dell’esempio che il popolo di Cuba impartisce ogni giorno.
Un modello, quello di un uomo socialista e comunista, che con coerenza e rettitudine ha dedicato una vita intera a un ideale, un sistema, una società basata sulla giustizia sociale.
Coerenza che si manifesta nelle grandi personalità non solo nei successi, ma anche nell’ammettere i proprio errori e nella capacità di rimediare ad essi.
Come sulla questione degli omosessuali a Cuba, argomento spesso utilizzato per la propaganda anticastrista, senza raccontare tutta la storia in maniera corretta.
Per gran parte del secolo scorso, l’omosessualità è stata considerata una malattia dalla scienza mondiale, con conseguente intolleranza, spesso repressione. Questo, con l’appoggio della comunità medica internazionale, è stato il sentimento e la politica della maggior parte delle nazioni del mondo, anche e soprattutto occidentali.
Pensiamo ad Alan Turing e alla sua triste fine nel democraticissimo Regno Unito. Oppure a Karl Gorath, omosessuale condannato ai campi di concentramento nazisti in base alla legge contro “l’indecenza innaturale“, poi ri-condannato nella Germania Ovest (quella occidentale e filo-americana) dallo stesso giudice che emise la prima condanna, dato che il paragrafo 175 della legge contro l’omosessualità rimase in vigore nell’ordinamento tedesco, abrogato solo nel 1994.
Questa intolleranza toccò anche Cuba, ma una volta compreso l’errore, proprio Fidel Castro pronuncerà un importante mea culpa, criticando la cultura machista ed esortando l’accettazione pubblica nei confronti dell’omosessualità. Errori e scuse che non rimasero a parole, ma vennero rimediati nei fatti.
Dalla fine degli anni ’70 i reati legati all’omosessualità sono stati prima depenalizzati, poi cancellati, dichiarando attraverso il Ministero della Cultura che l’omosessualità è una variante naturale della sessualità umana, un orientamento sessuale, e che l’omofobia va contrastata attraverso l’educazione; vennero istituiti seri programmi culturali contro l’omofobia, con a capo proprio sua nipote Mariela Castro, che dirige il Centro Nacional de Educación Sexual de Cuba. Nei casi in cui sia necessario alla salute psicologica della persona, il sistema nazionale sanitario cubano si fa carico delle operazioni chirurgiche per il cambio di sesso.
Quali altri capi di Stato hanno mai ammesso pubblicamente, chiedendo scusa, i propri errori? Ancor più, chi ha sinceramente rimediato?
Oggi Cuba è un paese in cui la comunità omosessuale è largamente accettata e tutelata. Guardiamo al nostro paese, in generale all’attuale occidente e alle nuove ventate xenofobe europee, possiamo sostenere la stessa cosa anche noi?
Gli attacchi di carattere diffamatorio alla sua integrità sono stati molti, come quello della rivista Forbes, in cui si attribuiva al leader cubano un patrimonio di 900 milioni di dollari, prontamente respinto dal diretto interessato che rispose: «se riescono a provare ciò che dicono, a trovare un conto a mio nome di 900 milioni, di 500 milioni o di un solo dollaro, se lo proveranno, offrirò loro quello che hanno preteso e non hanno potuto ottenere durante mezzo secolo, durante il quale hanno cercato di distruggere la rivoluzione e assassinarmi in centinaia di attentati: rinuncerò ai miei incarichi», con in seguito l’ammissione della rivista che dichiarerà di «non avere alcuna prova che Castro abbia nascosto denaro in conti bancari all’estero». Attacchi propagandistici, ma anche di carattere fisico con i 638 attentati alla sua vita (solo quelli riconosciuti e documentati) organizzati dagli Stati Uniti, tutti falliti.
La base del successo di Castro non è personale, rimarrà sempre del popolo di Cuba, che ha scelto e sostenuto una rivoluzione, un modello, una società, diversa dall’imposizione imperialista che vigeva fino ai tempi del dittatore Batista, e che vige nei paesi liberisti.
Come ricordava proprio Fidel: “Nei più gravi momenti della sua storia, Cuba si è sempre salvata non grazie a quel che pensavano di noi all’estero, ma in virtù dell’eroismo e della tenacia del suo popolo.”
Scelta confermata anche nelle ultime elezioni cubane del 2015, presenziate dagli osservatori internazionali invitati dal governo cubano, che hanno dovuto ammetterne la totale regolarità.
Elezioni che in molti, nei paesi occidentali, non sanno nemmeno che esistono sull’isola di Cuba, con l’immagine fissa di un Castro “caudillo” supremo quando, sempre dalle sue parole: “E’ il popolo che è al potere (…). Io sono una sorta di padre spirituale, non sono neanche presidente della Repubblica, ma soltanto del Consiglio di Stato. Non posso nemmeno nominare un mio amico ambasciatore. Rappresento, essenzialmente, un’autorità morale. Ma se vogliamo parlare dei “valori democratici” americani, allora diciamo che solo il 50 per cento dei cittadini va a votare, e che il presidente viene eletto con meno del 25 per cento dei suffragi. Da noi almeno l’affluenza alle urne è del 94,5 per cento.”
E a chi ne accusa l’egocentrismo dittatoriale: “Il culto della personalità l’abbiamo bandito fin dai primi giorni della rivoluzione. Nessun nome di un leader vivente può essere utilizzato, ad esempio, per battezzare una scuola o una strada (…) Non ci sono manifesti né statue di Castro. Nemmeno una. E neanche foto ufficiali”.
Ma il giudizio più importante, come ci suggerì proprio lui, non arriverà ne da chi l’ha sempre sostenuto, ne da chi l’ha sempre contestato; come nella sua famosa arringa, un classico delle scienze politiche, arriverà dalla storia, che si spera non sia solo quella scritta dall’occidente liberale.
E guardando ai festeggiamenti statunitensi, alle parole denigratorie della stampa occidentale, agli attacchi scritti con evidente ignoranza di giornalisti sovrastimati, ma anche alle tante parole di dispiacere e commiato arrivate da tutto il mondo; possiamo far rispondere proprio il diretto interessato:
quando ci lasciò Hugo Chavez, Fidel Castro disse: “volete sapere chi era Hugo Chavez? Guardate quelli che stanno festeggiando e quelli che stanno piangendo…”
Riutilizzando le sue stesse parole, oggi, sappiamo chi era Fidel Castro.
Marcello Colasanti
Discorso di Fidel Castro nella chiusura del 7° Congresso del PC Cubano
20 Aprile 2016
Costituisce, compagni, uno sforzo sovrumano dirigere qualsiasi popolo in tempi di crisi. Senza questi sforzi, i cambiamenti sarebbero impossibili. In una riunione come questa, nella quale si riuniscono più di 1000 rappresentanti scelti dal popolo rivoluzionario stesso, che in essi ha delegato la sua autorità, significa per tutti l’onore più grande che hanno ricevuto nella vita; a questo si aggiunge il privilegio di esser rivoluzionario che è frutto della nostra propria coscienza.
Perché sono diventato socialista, più chiaramente, perché sono diventato comunista? Questa parola che esprime il concetto più distorto e calunniato della storia da parte di coloro che hanno avuto il privilegio di sfruttare i poveri, espropriati dal momento che sono stati privati di tutti i beni materiali che provengono dal lavoro, il talento e l’energia umana. Da quando l’uomo vive in questo dilemma, lungo un tempo senza limite. So che voi non necessitate di questa spiegazione, ma forse sì qualcuno che ascolta.
Parlo semplicemente affinché si comprenda meglio che non sono ignorante, estremista, né cieco, né ho acquisito la mia ideologia per conto mio studiando economia.
Non avevo un precettore quando ero uno studente di legge e scienze politiche, nelle quali ha un gran peso. Naturalmente allora avevo 20 anni ed ero appassionato di sport e alpinismo. Senza precettore che mi aiutasse nello studio del marxismo-leninismo, non ero altro che un teorico e, naturalmente, avevo una fiducia totale nell’Unione Sovietica. L’opera di Lenin oltraggiata dopo 70 anni di Rivoluzione. Che lezione storica! Si può affermare che non dovranno trascorrere altri 70 anni perché avvenga un altro avvenimento come la Rivoluzione Russa affinché l’umanità abbia un altro esempio di una grandiosa Rivoluzione Sociale che ha significato un enorme avanzamento nella lotta contro il colonialismo e il suo inseparabile compagno, l’imperialismo.
Forse, tuttavia, il pericolo maggiore che oggi si profila sulla terra deriva dal potere distruttivo dell’armamento moderno che potrebbe minare la pace del pianeta e rendere impossibile la vita umana sulla superficie terrestre.
Sparirebbe la specie come sparirono i dinosauri; forse sarà il tempo per nuove forme di vita intelligente o forse il calore del sole crescerà fino a fondere tutti i pianeti del sistema solare e i suoi satelliti, come molti scienziati riconoscono. Se fossero vere alcune delle teorie di molti di loro, che noi laici non ignoriamo, l’uomo pratico deve conoscere di più e adattarsi alla realtà. Se la specie sopravvive uno spazio di tempo molto maggiore, le future generazioni conosceranno molto più che noi, anche se prima dovranno risolvere un grande problema. Come alimentare migliaia di milioni di esseri umani la cui realtà inevitabilmente si scontrerà con i limiti di acqua potabile e risorse naturali che necessitano?
Alcuni o forse molti di voi si domanderanno dove sta la politica in questo discorso. Credetemi mi vergogno a dirlo, ma la politica sta qui in queste moderate parole. Spero che gli esseri umani si interesseranno a queste realtà e non continueranno come ai tempi di Adamo e Eva mangiando frutti proibiti. Chi nutrirà gli affamati popoli dell’Africa senza tecnologia a loro disposizione, senza piogge, né dighe, né altri giacimenti sotterranei coperti dalla sabbia? Vedremo cosa dicono i governi che quasi nella loro totalità hanno sottoscritto gli impegni climatici.
Bisogna martellare costantemente su questi temi e non voglio soffermarmi oltre l’essenziale.
Presto compirò 90 anni, mai avrei creduto a tale idea e nemmeno è stato frutto di uno sforzo; è stato casuale. Presto sarò come tutti gli altri. Per tutti giungerà il nostro turno, ma rimarranno le idee dei comunisti cubani come prova che in questo pianeta, se si lavora con fervore e dignità, si possono produrre i beni materiali e culturali che gli esseri umani necessitano, e dobbiamo lottare senza tregua per ottenerli. Ai nostri fratelli dell’America Latina e del mondo dobbiamo trasmettergli che il popolo cubano vincerà.
Forse sarà una delle ultime volte che parlo in questa sala. Ho votato per tutti i candidati presentati alla consulta per il Congresso, e ringrazio per l’invito e l’onore di ascoltarmi. Mi congratulo con tutti voi e, soprattutto, con il compagno Raúl Castro per il suo magnifico sforzo.
Intraprenderemo la marcia e perfezioneremo quello che dobbiamo perfezionare, con chiara lealtà e la forza unita, come Martí, Maceo y Gómez, in una marcia inarrestabile.

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