
“L’uomo il quale difende la sua patria o che attacca l’altrui paese non è che un soldato pietoso nella prima ipotesi, ingiusto nella seconda. Ma l’uomo il quale, facendosi cosmopolita, adotta la seconda per patria, e va ad offrire la spada ed il sangue ad ogni popolo che lotta contro la tirannia è più d’un soldato: è un eroe”.
Giuseppe Garibaldi.
Buon compleanno Italia.
160 anni dall’unità.
Purtroppo l’attuale revisionismo storico tocca anche il Risorgimento. Ideali indubbiamente giusti, nati non solo da spinte patriottiche, ma da una nuova visione del mondo collettiva e comunitaria, come nella parentesi della Repubblica Romana e, in senso più ampio, nel pensiero stesso di Giuseppe Garibaldi, personaggio su cui oggi fatichiamo a comprenderne la grandezza e l’enorme popolarità di cui godeva nella sua epoca. L’11 Aprile del 1864, mezzo milioni di londinesi gli resero omaggio a Trafalgar Square. “L’unico eroe di cui il mondo ha mai avuto bisogno si chiama Giuseppe Garibaldi”, disse Ernesto Che Guevara, che visse una vita ispirata, quasi nell’emulazione, all’eroe dei due mondi (con un epilogo infelicemente differente).

Quegli ideali, purtroppo, furono traditi nell’Italia unita e sabauda, e in prima fila a denunciarlo (e a dimettersi da Senatore), c’è stato proprio Garibaldi:
“Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto male; nonostante, non rifarei oggi la via dell’Italia Meridionale, temendo di esservi preso a sassate da popoli che mi tengono complice della spregevole genia che disgraziatamente regge l’Italia e che seminò l’odio e lo squallore la dove noi avevamo gettato le fondamenta di un avvenire italiano, sognato dai buoni di tutte le generazioni e miracolosamente iniziato”

Questa parte della sua vita, queste ed altre parole, vengono sempre dimenticate dai detrattori e revisionisti del Risorgimento.
Approfonditamente, con rigore storico e politico, ne scrisse Antonio Gramsci negli scritti sul Risorgimento e sulla Questione meridionale, in cui riconosce la funzione predatoria dell’Italia monarchica nei confronti non del generico “Sud“, ma della classe contadina:
“Fino all’avvento della Sinistra al potere, Lo stato italiano ha dato il suffragio solo alla classe proprietaria, è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di «briganti».”
Ma ricordando che nel “prima” la situazione era tutto fuorché rosea, diretto principalmente ai nostalgici neoborbonici, che oggi decantano un “paese delle meraviglie” (quello delle Due Sicilie) fatto di “ferrovie e progresso”:
“le paterne amministrazioni di Spagna e dei Borboni nulla avevano creato: la borghesia non esisteva, l’agricoltura era primitiva e non bastava neppure a soddisfare il mercato locale; non strade, non porti, non utilizzazione delle poche acque che la regione, per la sua speciale conformazione geologica, possedeva”.
Concludendo con un consiglio utile tutt’oggi, a 160 anni dall’unità:
“Il Mezzogiorno non ha bisogno di leggi speciali e di trattamenti speciali. Ha bisogno di una politica generale, estera ed interna, che sia ispirata al rispetto dei bisogni generali del paese, e non di particolari tendenze politiche o regionali”.

La critica più che giusta al governo unitario monarchico e sabaudo, diviene cieca revisione storica nel momento in cui si unisce a TUTTA l’esperienza risorgimentale, compresi i sani principi e ideali di giustizia, patria e collettività che hanno ispirato i grandi intellettuali, combattenti e persone comuni in quel periodo. Tale ragionamento ha un suo chiaro filo conduttore con la revisione storica della Resistenza, il principio reazionario è il medesimo, e in medesima maniera va contrastata e combattuta.
Perciò, che il pensiero vada a Garibaldi, Mazzini, la Repubblica Romana con i suoi eroi intellettuali e proletari, da Ciceruacchio a Righetto e ad altri migliaia, migliaia di nomi e vite interrotte.
Un compleanno che celebra l’ideale e il sacrificio dell’epopea risorgimentale, non i Savoia e Cavour…

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