L’uomo contesta; secondo lui la multa è illegittima, dato che ha tutta la documentazione e i relativi permessi. I vigili, inflessibili, non mostrano l’intenzione di cancellare la multa.
Inizia da parte del Signor Rubino una plateale contestazione, che attira molte persone, contro i Vigili urbani, urlando:
“Pago le tasse, pago i bolli, pago l’assicurazione e voi mangiate i soldi. Perché mi fanno la multa?”,
prendendosela anche con le istituzioni locali:
“Vergognatevi, date dei servizi ai cittadini, fannulloni… Sindaco, assessore, vergognatevi…”.
Sopraggiungono addirittura i Carabinieri, e l’anziano dice loro:
“Volete arrestarmi? Volete mettermi le manette?”.
Visibilmente in affanno, per i suoi problemi di cuore viene portato via da un’ambulanza.

Il Sig. Rubino fu condannato per “oltraggio a pubblico ufficiale” a 34 giorni di libertà vigilata, pena, già di per se, abbastanza esagerata. Ma l’anziano, violando la suddetta per motivi clinici, è stato condannato a 17 giorni di reclusione; calcolando l’età, le sue patologie e la trasgressione, una pena sproporzionata che pochi giorni fa, all’età di 81 anni, ha finito di scontare.
La reazione sul web è stata di clamore e protesta, ma proprio qui veniamo al punto della nostra riflessione; le proteste delle persone, legittime dati i fatti, sono rivolte sul lato sbagliato della questione, e come spesso accade, non sul problema centrale e causale, ma su un effetto…
Le proteste sono state praticamente tutte rivolte alla magistratura, con i soliti luoghi comuni…
Premettendo che il ruolo della magistratura è la semplice applicazione di qualcosa già scritto e non da loro, cioè la legge (non che sia una difesa, dati i tanti errori, ma attribuiamo le colpe alle persone corrette); nessuno si è soffermato SU QUALE pena si è arrivati a far scontare un mese di libertà vigilata e addirittura il carcere ad un ottantunenne;
“oltraggio a pubblico ufficiale”.
Si parla molto spesso di ingiustizie (e tante ce ne sono), di privilegi economici e comportamentali, dell’inflazionata parola “Casta”, ma pochissimo, almeno a livello mediatico, si parla della “casta in divisa”, dove anche questo episodio, conferma come la legislazione stessa crei le condizioni per due giustizie parallele;
una per il pubblico cittadino, l’altra per il pubblico ufficiale.
Che l’imputazione sia contro o a favore, gli esiti cambiano comunque in base all’abbigliamento che portiamo. Per questo parlo di “casta” (parola abusata in questo periodo, collochiamola in maniera corretta), gruppo di persone a cui è concesso un determinato privilegio (giuridico) rispetto a tutti gli altri, in funzione, in questo caso, della divisa indossata.
Dei vari commentatori della notizia e indignati da tastiera, pochi hanno notato che quell’anziano è stato messo in carcere con un’accusa che riguardava una “lesione”, seppur verbale, a delle persone in divisa. Nello sbraitare esempi, sempre i soliti su “delinquenti che stanno fuori”, ladri, politici, giudici e di inefficienza nei confronti “di chi ruba”, “di chi ci invade”; non ho letto nulla, inerente proprio alla categoria tirata in causa; “i pubblici ufficiali”, le forze dell’ordine.

hanno assassinato un ragazzino di 18 anni (un certo Aldrovandi) e, solo tre di loro, hanno ricevuto una condanna di sei miseri mesi di carcere e nemmeno la divisa tolta, tornando regolarmente in servizio;

nonostante il fatto sia avvenuto a “Bolzaneto”, questa località non ha sollecitato la memoria di nessuno dei commentatori, dove nel 2001 vennero condotti gli già massacrati della scuola Diaz e, una volta nella caserma di Bolzaneto, ancora torturati, umiliati, urinati addosso dal Gruppo operativo mobile della Polizia Penitenziaria. Su quella sospensione dei diritti umani, nessuno ha mai pagato, rivelatrici le parole proprio di uno dei poliziotti che prese parte ai massacri, poi pentito:
“Quello accaduto alla scuola e poi continuato qui a Bolzaneto è stata una sospensione dei diritti, un vuoto della Costituzione. Ho provato a parlarne con dei colleghi e loro sai che rispondono: che tanto non dobbiamo avere paura, perché siamo coperti”.

Molti di questi commenti “a senso unico” e “smemorati”, sono stati lasciati su siti come quello del quotidiano “Il Giornale” di proprietà di Silvio Berlusconi, lo stesso che malgrado condanne definitive e prescrizioni per frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita, corruzione, finanziamenti illeciti, prostituzione minorile; l’aver modificato le leggi di uno Stato per propri interessi; proprio sotto il suo governo si autorizzò la sospensione dei diritti umani e l’utilizzo della tortura nel precedente episodio citato; non ha mai fatto un giorno di carcere.
Quale miglior esempio per citare l’ingiustizia verso il povero cittadino “qualunque”?
Eppure, collettivamente sui social, non viene citato, come per le forze dell’ordine…Perchè?
Questi commenti che non rispecchiano la normalità dei fatti, dimostrano come la visione dell’opinione pubblica, o comunque di una buona parte di essa, faccia fatica a comprendere le dinamiche di ciò che la circonda, individuando il problema e le cause in soggetti errati o esaltando in maniera sproporzionata le colpe di alcuni e ignorando totalmente quelle di altri.
La visione dell’opinione pubblica, fatica a comprendere le dinamiche di ciò che la circonda.
Questa visione errata non è dettata da un errore collettivo; è ricercata è voluta.
Abbiamo decenni di distorsione dell’informazione, dove per gli interessi di pochissime persone, spesso addirittura di una soltanto, hanno modificato la visione stessa di un “problema” e addirittura quella della “vittima”; pensiamo a tutti gli attacchi che ha subito il potere giuridico in epoca Berlusconiana.
Questa politica d’informazione continua tutt’ora, esaltando esasperatamente sempre le stesse tematiche, facendoci identificare il “problema” in persone o gruppi che in realtà non lo sono (o lo sono in minima parte), distogliendo totalmente l’attenzione sulle enormi colpe di altri.
Da questa logica, non scappa nemmeno chi fomenta continuamente la collera collettiva contro nebulose “caste” e “poteri forti”, senza proferir parola su quelle più evidenti; l’esempio sulle forze dell’ordine, oppure il settore della difesa, ne è l’esempio.
Tornando al Sig. Rubino, appena uscito di carcere, immediatamente è stato invitato su Canale 5 al programma pomeridiano di Barbara D’Urso, con relativa campagna populista; esempio di come un episodio di ingiustizia venga manipolato e strumentalizzato inquadrandolo sotto una luce distorta.
In generale su tutto ciò che ci circonda, ancor di più sull’informazione, è di primaria importanza andare sempre “oltre” la notizia stessa, analizzando le strutture e gli attori che la compongono, dando giudizi e facendoci un’idea solo dopo aver approfondito, al di fuori degli schemi mediatici, tutti gli elementi; questo può avvenire solo con una profonda lettura e conoscenza.
Solo così, si può evitare di cadere in ragionamenti distorti e preconfezionati per gli interessi di qualcun’altro.
Colasanti Marcello
L’ha ribloggato su IL GIORNALE DEL RICCIO.
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