Sui social netowrk ho espresso il mio commento su alcuni video di uno youtuber che ha visitato la Corea del Nord (lo trovate in basso).
Colgo l’occasione per condividere un ricordo.
Oggi ho acquistato questi due libri, sono le Memorie di Kim Il Sung, primo Presidente della Corea del Nord, in italiano. Libri che già avevo.
Ma in francese…
Quando iniziai in adolescenza a studiare la storia di quel paese, come detto in precedenza, trovai il deserto letterario.
Capire quella sanguinosa guerra (la guerra di Corea) e le cause della spaccatura sul 38′ parallelo dalle sole parole del Generale Ridgway (il libro che consideriamo “più autorevole” sulla Corea), non era proprio il massimo dell’obiettività.
Pur di capire qualcosa in più della sola visione occidentale e leggere cosa avevano da dire anche dall’altra parte, lessi quelle memorie nell’unica lingua che avevo trovato disponibile, il francese, che non conosco…
Leggere finché capisci, per poi fermarsi e controllare armati di dizionario, vi assicuro non è semplice. Soprattutto in adolescenza quando hai ben altri interessi.
Questo ricordo non è per autocelebrazione, ma per comprendere quanto sia difficile essere nella posizione di poter dire la propria su quel paese, la Corea del Nord.
Non ci si può ridurre a una pagina Wikipedia o a un video su YouTube fatti, tra l’altro, male e su basi univoche.
Siamo nell’era in cui tutti hanno l’opinione su tutto. Ma siete sicuri che tale opinione è elaborata da voi?
E anche se fosse, su che base?
Parlare (o sparlare) è tanto facile.
Farlo in maniera cosciente molto, ma molto più difficile.
Attenti a quello che gli altri scrivono o dicono, che di prestigiatori, ce ne sono tanti…
La lettura, plurale e ampia, è il miglior modo per smascherare i loro giochini di prestigio.
Se proprio non si ha tempo o voglia, la massima socratica del “so di non sapere”, rimane un’ottima protezione, che purtroppo in pochi utilizzano, sostituito da un più appariscente “faccio finta di sapere”.
Il precedente commento su Facebook:
Ho notato che in molti hanno condiviso i video di questo youtuber che ha visitato per 3 (tre…) giorni la Corea del Nord.
Visitare un paese del genere è difficile, non tanto per le restrizioni, ma per la storia alle sue spalle.
Avere un’idea lucida, reale e informata della sua vera natura, necessita di molta ricerca e studio, dato che testi, libri e articoli che descrivono il paese sono difficilissimi da reperire (provato sulla pelle…) e i pochi che se ne trovano sono tutti di parte statunitense, oltre che qualitativamente scarsi.
Quindi, affrontare la visita di tal paese, senza una solida base conoscitiva e imbevuti di propaganda occidentale anticoreana, non può che dare il risultato dei video in questione: un infuso di preconcetti e frasette banali da liberista.
La critica maggiore che mi sento di sollevare è proprio la mancanza di conoscenza del soggetto in questione, che traspare continuamente e che, inevitabilmente, si riduce a commentare sulla base di fake news occidentali. Molte cose “assurde” che si vedono in quei video, sono assolutamente spiegabili e non riconducibili al “regime cattivo”.
Stesso discorso, lo possiamo applicare a tanti paesi.
Senza dilungarmi, aggiungo il commento di Francesco Alarico della Scala, che sulla Corea del Nord ne sa sicuramente qualcosina in più di me.
Questo, nella speranza prossima di poter visitare la Corea e darvi il mio personale reportage e visione d’insieme.
Il post scritto da Francesco Alarico della Scala (LINK):
SU “PROGETTO HAPPINESS”
di F.A. della Scala
In tantissimi nei giorni scorsi mi avete chiesto un parere sui video di questo avventuriero. Ieri sera ne ho presa visione e sono stato subito scoraggiato dal sentire uno strafalcione già nel primo minuto: gli abitanti della Corea del nord sono oggi circa 25.700.000, non 28 milioni. Nondimeno ho deciso di guardare fino alla fine, armato della mia consueta pazienza staliniana: – d’acciaio.
Devo ammettere che è meno peggio di quel che pensassi. L’autore dei video è naturalmente ostile al sistema politico nordcoreano e si lascia sfuggire alcune inesattezze, come quando descrive il Partito del lavoro di Corea come l’unica forza politica nel paese, socialdemocratici e chondoisti non pervenuti, o quando afferma che la religione è proibita, evidentemente perché non ha avuto occasione di visitare le chiese di Chilgol e di Bongsu o la cattedrale di Changchung e la chiesa della Santa Trinità a Pyongyang, né ha potuto sfogliare l’impeccabile traduzione della Bibbia realizzata dalle case editrici di Stato negli anni ’80.
La falsità più grave, a mio avviso dettata non da ignoranza ma da consapevole volontà di disinformazione mirata a spettacolarizzare il racconto, riguarda però il caso di Otto Friedrick Warmbier. Tutti i cittadini americani che commettono reati in Corea del nord sono sulla carta condannati a lunghe pene detentive, ma di fatto ne scontano solo pochi mesi, se non settimane o giorni, perché vengono subito amnistiati in cambio di concessioni economiche da parte di Washington. È un sistema collaudato da decenni, ma per Warmbier la Casa Bianca non mosse un dito, forse perché Obama non intendeva togliere le castagne dal fuoco al proprio successore o chissà, e il giovane fu rimpatriato un anno dopo per ragioni umanitarie e su iniziativa unilaterale del governo di Pyongyang.
Ma soprattutto non fu «misteriosamente ucciso», bensì cadde in stato di coma a seguito di una reazione allergica e il personale medico nordcoreano lo tenne in vita per undici mesi mentre, una volta entrato in un ospedale americano, morì nel giro di pochi giorni. I medici di Cincinnati che esaminarono il suo corpo al ritorno in patria accertarono che il ragazzo non aveva subito alcuna tortura ed era in buone condizioni, ma la famiglia rifiutò di far eseguire un’autopsia per far luce sulle cause del decesso e il governo americano respinse ogni proposta di indagine congiunta e imparziale che veniva da Pyongyang. Perché d’altronde affannarsi a cercare la verità quando il piatto propagandistico era ormai cotto a puntino e pronto da dare in pasto all’opinione pubblica, tanto per demonizzare ancora una volta il nemico e giustificare l’escalation bellicista del 2017?
A parte questi prevedibili svarioni, i video offrono comunque uno spaccato della realtà nel paese che può essere utile ad avvicinare la Corea al grande pubblico e che peraltro smentiscono in larga misura i pregiudizi che gravano sulle spalle dell’autore. A un certo punto, interrogata sulla possibilità di una maggiore apertura in caso di revoca delle sanzioni, una guida risponde: «Perché no?» Questa ed altre scene forniscono spunti di riflessione ad una significativa minoranza di spettatori che cominciano a porsi domande e a mettere in dubbio la narrazione mainstream sul “totalitarismo orwelliano”.
Purtroppo la maggioranza è ancora troppo chiusa e attende l’imbeccata di idee preconcette, ribadite nella conclusione dell’ultimo video con un’apoteosi della libertà occidentale, che certo sembra una figata agli occhi di chi può permettersi di mollare il lavoro per un anno e girare il mondo spendendo parecchie migliaia di euro, ma il cui significato per i lavoratori immiseriti dal capitalismo è brillantemente espresso nel commento di un certo “Gost”, il quale lamenta che i nordcoreani «non hanno il tempo di ubriacarsi né di mendicare per[ché devono] sottostare alla dittatura».
Effettivamente il socialismo risparmia al popolo coreano di gustare i frutti avvelenati di una simile “libertà” da legge della giungla, difende la sua cultura e la sua identità nazionale dei flussi sradicanti della globalizzazione, resiste alle sanzioni affamatrici dell’imperialismo e con il passare degli anni aumenta il tenore di vita dei cittadini, squarciando poco a poco il velo della demonologia mediatica.