Sulle coste della Crimea si sta consumando una crisi estremamente delicata, dovuta al sequestro da parte russa di 3 imbarcazioni della Marina Ucraina.
L’Ucraina è il campo dove maggiormente la contrapposizione NATO e Russia si sta scontrando, purtroppo non solo in termini diplomatici; nelle zone ad est, nel Donbass, da 4 anni imperversa la guerra civile.
Inoltre, la penisola della Crimea, zona storicamente e culturalmente russa, ma politicamente parte dell’Ucraina, dopo il golpe filo-nazista nato dalla cosiddetta “Rivoluzione di Maidan”, supportato da UE e NATO; ha formalizzato, tramite referendum popolare, la propria annessione alla Federazione Russa.
Su queste premesse, unite alle prossime elezioni in cui il presidente Poroshenko è dato in forte svantaggio, vanno inquadrate le scelte da parte ucraina di alzare la tensione e mantenere alta l’attenzione occidentale nella zona.
Un articolo dettagliato dal sito di “Ottobre”, ci spiega in maniera più precisa le azioni e motivazioni di entrambe le parti chiamate in causa.
Colasanti Marcello
di pane
Lo scorso 25 novembre tre imbarcazioni della marina militare ucraina, due cannoniere e un rimorchiatore, tentavano di aggirare il controllo della guardia costiera russa per entrare nel golfo del mare d’Azov, lambendo le coste della Crimea all’altezza della città di Kerch. La guardia costiera russa ha prontamente intercettato le imbarcazioni, sequestrandole e sottoponendo a fermo gli equipaggi: ventitré fra personale militare e agenti dei servizi segreti ucraini (SBU) (1). Questo è l’inizio della vicenda che sta tenendo in fermento le diplomazie mondiali e che viene interpretata in segno diametralmente opposto se la si guarda da Occidente o da Oriente.
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